Opere pittoriche fino al 1999

Testi critici

E' certamente dai modelli della "Nuova Figurazione" che prende il via il processo di Formazione del Lessico espressivo (sia grafico che pittorico) di Pierluigi Piccinetti. A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta un nutrito quanto eterogeneo gruppo di artisti italiani (ma qualche cosa del genere, anche se in modo meno incidente, si era verificato pure in Francia) aveva sentito di dover andare oltre le correnti dell'astrazione informale e di recuperare - come ha detto Italo Tomassoni - "la nostalgia per la rappresentazione, il racconto, i contenuti; nostalgia che si attua attraverso il filtraggio e l'assimilazione di una complessa cultura figurativa che muove dal Secessionismo mitteleuropeo (Klimt, Schiele), passa per l'Espressionismo e il Surrealismo e attraverso Bacon, Gorky, Matta, Giacometti, giunge fino all'Informale per ritrovarsi poi sotto le grandi ali della tolleranza realistica".

2003 - Lo Specchio - olio cm.100x100 2003 - Lo Specchio - olio cm.100x100

Questo gruppo - ripeto, estremamente composito e di significazione polivalente - era rappresentato da Guerreschi, Recalcati, Romagnoni, Tommasi-Ferroni, Sughi, Banchieri, Calabria, Cappelli, Brindisi, Martinelli, Bergolli, Brattella, Cazzaniga, Rossello, Fomez, Adami, Bertini, Cremonini, Vacchi, Vespignani, Pozzati, Fieschi, Falconi, Notari ed altri.

E' utile ricordare che nel 1962 Giulio carlo Argan, a proposito di questa tendenza di sapore neo-espressionista, (che ha come referenti sia l'Espressionimo tedesco, spigoloso e angolare, del Die Bruche con Kirchner e Heckel, sia quello austriaco, espansivo e sfaldante, con KoKoschka), aveva scritto che in essa "la figura non ha più alcun valore" nel senso che "non è più un modello dato né un risultato da raggiungere; è un frammento di realtà, quasi un residuo o un rottame". In altri termini una realtà che si palesa e si offre come occasione interpretativa non nella sua compiutezza e definitezza "logica", ma nella sua parzialità, in ogni suo particolare che è insignificante (perché inutile) al di fuori del contesto razionale ma che assume valenza se letto e recepito nella dimensione libera della poesia.

E Ciro Ruju nel 1967, affinché non si facesse confusione tra la vecchia pittura realista (definita nel linguaggio comune, "figurativa") e quella della Nuova Figurazione, aveva scritto: "Il valore ... di questa pittura è agli antipodi rispetto all'arte propriamente figurativa", giacché l'artista neo - figurativo "non si pone di fronte ad una realtà oggettiva per riproporcela nelle sue qualità estetiche formalistiche... ma la indaga trasferendo la stessa realtà esterna del rappresentato per un fine complesso". Ebbene questo bisogno di indagare la realtà attraverso la sua morfologia (a differenza dell'astrazione che aveva sviluppato del tutto la ricerca oltre il fenomenico, rincorrendo i valori strutturali (Neoplasticismo) o ilozoistici e vitali (informale materico) che stanno dietro le forme) Pierluigi Piccinetti ha incominciato a sentirlo sin da quando ha superato le prime soluzioni post - scolastiche più legate al dato di natura. Egli ha preso a smontare la figura, ad analizzarla ed a scomporla per coglierne quella dimensione di cui parla Argan e che si rivela totalmente piena di senso.

Da ciò che ho potuto conoscere della sua produzione, a me pare che questo processo analitico del reale, attraverso una sorta di vivisezione morfologica, l'artista fanese l'abbia iniziato nella seconda metà degli anni Settanta, quando cioè ha incominciato a costruirsi, dentro di lui, una condizione di maturità anche dal punto di vista anagrafico. Da quel momento Piccinetti è rimasto coerentemente fedele all'assunto di partenza, sia pure con delle variazioni grammaticali e sintattiche che testimoniano una costante evoluzione linguistica come conseguenza del suo sapersi sintonizzare con il divenire delle cose.

2004 - I Preziosi - olio cm. 100x120 2004 - I Preziosi - olio cm. 100x120

Infatti se i modelli neo - figurativi sono, senza ombra di dubbio, i referenti primi fondamentali del suo far pittura (viene da pensare, più che ad altri, a Mimmo Rotella, a Gianfranco Ferroni, a Lorenzo Vespignani), è pur vero che il suo pittorico (a livello sia formale che contenutistico) si caratterizza originalmente in virtù di due connotati che specificano le sue tele: il primo è quello della teatralità ed il secondo quello della convivenza, nello stesso reticolo spazio - temporale, di elementi eterogenei dal punto di vista logico e, in certi casi, finanche contrapposti.

La teatralità è un valore conseguente ad un certo modo di concepire lo spazio, in senso cioè piuttosto amplificato e talvolta magniloquente: atteggiamento che fu proprio di una grande epoca storica come il Seicento barocco e che è anche di oggi, come risultato di certe tecnologie della visione (grandangolarità nella fotografia; visione cinematografica e televisiva a tutto campo; illusione prospettica nella scena teatrale e così via). In questo spazio dilatato che allarga le possibilità esistenziali dell'uomo e quelle narrative dell'artista, Pierluigi Piccinetti situa i suoi "frammenti" di realtà che nelle opere recenti si sono trasformate in "frammenti" di racconto, in episodi. Il pittore ha superato cioè la concezione rappresentativa di cui parla Argan (con il ricorso al frammento come residuo o come parte di una totalità "logica") ed ora utilizza il particolare come elemento parziale di una narrazione, come un capitolo o un paragrafo dello stesso brano, non uniti tra loro da consequenzialità razionali eppure perfettamente conviventi in quanto assemblati dalla "vis poetica".

Ed ecco venir fuori allora anche il secondo connotato di cui si diceva, cioè quella compresenza di oggetti, di figure, di pensieri che, pur non avendo tra loro alcun rapporto logico, stanno insieme senza traumi i virtù della tensione fantastica che li anima. Il Surrealismo fu il grande movimento ideologico ed artistico che realizzò compiutamente questa possibilità di convivenza tra unità disparate (e prima di esse la tendenza che in qualche modo lo preparò, cioè la Metafisica dechirichiana del 1917/20): ma lo fece in termini radicali, ricorrendo al cosiddetto "spiazzamento" inteso come associazione di realtà logicamente opposte o come dissociazione forzata di fattori all'interno di sistemi razionali, Gli esiti surrealisti furono deliranti (soprattutto in Salvador Dalì), o comunque di forte caratura onirica, mentre quelli di Piccinetti sono frutto dell'azione "soft" della Memoria. Nelle sue opere non c'è l'incubo che determina il trauma dovuto alla contrapposizione di realtà non omogenee o conseguente alla schizofrenia lacerante di logiche che si frantumano (come c'era nei dipinti surrealisti), c'è invece il sogno ad occhi aperti, l'affidamento al fluire evanescente di Mnemòsine che fa stare insieme serenamente paesaggi a vasto campo e nudi di donna; teste bronzee di cavalli e momenti del vivere quotidiano; sensualità e pensiero; angeli e demoni; anatomie odierne e simulacri antichi.

Una memoria di natura bergsoniana, intesa come "durata reale", che si costruisce su di una concezione del tempo non di tipo matematico (successione di momenti spazializzati, sommati, l'uno diverso dall'altro) ma come flusso continuo che rappresenta il vivere interiore.

Una memoria che non si richiama all'intelletto, cioè al metodo di classificazione della realtà secondo criteri logico - matematici, ma all'intuizione, strumento superiore capace di cogliere il significato profondo del reale che consiste nell'essere continuità e durata, slancio vitale e creativo di una energia spirituale, al tempo stesso matrice sia della realtà materiale che della coscienza. Ecco, questa è la memoria da cui derivano le opere pittoriche di Pierluigi Piccinetti, una memoria che trasforma il reale fisico in libera creatività, in vita, come "azione che continuamente si crea e si arricchisce" e che può manifestarsi sia nelle forme statiche e rigide della materia sia nella coscienza libera dell'uomo, cioè nello spirito, momento complesso e altissimo dell'evoluzione creatrice a cui l'arte compartecipa.

A questa memoria si riconducono gli splendidi nudi muliebri del pittore, per via della sensualità che vi si incarna (e che trae origine, iconograficamente parlando, da alcuni grandi esempi cinquecenteschi e da quelli ottocenteschi dei Degas e Renoir tardo impressionisti) e che è fluida, scorrevole, morbida, esaltante: attraverso di essa si conosce il reale come una "sensazione" che sa trasformarsi nei vari gradi della conoscenza teorizzati da Etienne Bonnot de Condillac (memoria, attenzione, riflessione, giudizio, ragionamento) ai quali noi ci avviciniamo in un progressivo ascendere sensistico di natura "soft", quindi sognante, delicato e, in certi casi, inebriante. La donna, dunque, come sublimazione della memoria e, mediante quest'ultima, dell'intera realtà ? La donna come senso, come motivo di comprensione reale autentico ? La donna come frammento di una totalità disintegrata che però, nella autosignificazione, recupera in sé la nozione del tutto ? Una serie di domande e non di risposte scaturisce dalla visione partecipata dei dipinti di Piccinetti, come sempre accade quando si è di fronte all'arte la quale non sa rispondere (non è una scienza né una pretesa di scienza) ma sa intelligentemente, provocatoriamente e sensualmente interrogare gli interroganti.

Ancona, 1990
Armando Ginesi

(Testo critico in catalogo edito in occasione della personale alla Galleria Puccini di Ancona)

Sotto la regia di Mangiafoco

Fogli di quotidiano ritagliati nel collage per definire le forme gigantesche dei carri di Carnevale. Le impalcature di legno, la creta modellata su cui la cartapesta si deve asciugare prendendo la forma per l'effimero teatro di Carnevale della sfilata nella città. Le opere che Pierluigi Piccinetti espone, restituiscono il senso di una attività che caratterizza i cantieri di Fano per la realizzazione dei carri... Piccinetti progetta il carro e lo segue nella realizzazione fino alla sua perfetta conclusione e espressività, che è affidata a quei colori violenti, distribuiti con rara perizia dall'aerografo. La tecnica offre materiali diversi e contribuisce ad aggiornare e facilitare l'esecuzione di queste mostruose figurazioni che, in fredde giornate invernali, invadono la città, alterandola nelle prospettive e nelle proporzioni consuete.

I grandi carri sfidano le case, che le leggi antisismiche vogliono basse nel centro di Fano, affacciando quei volti giganteschi, irreali, mostruosi e caricaturali nel quadro di vecchie finestre del Corso, creando lo spostamento delle apparizioni come in un quadro metafisico di Savinio (penso all'Annunciazione, dove il volto dell'angelo esce dall'inquadratura della finestra, ossessivo nella sua astratta fissità).

2003 - El Va - olio acrilico, cm. 100x120 2003 - El Va - olio acrilico, cm. 100x120

Soltanto l'incubo di un film di fantascienza può restituire una scenografia alterata per eccesso come una sfilata di Carnevale, e penso a King Kong, lo scimmione che sfida la metropoli di grattacieli con la sua ingombrante presenza. La ragione come conoscenza e la sensazione come esperienza si dissociano a volte creando una disarmonia e un disordine che trova la sua espressione nel disagio adolescente che si può prolungare, tuttavia, nel tempo come un tessuto non evoluto, depositato nei recessi degli organi vitali. Il chirurgo Lemuel Gulliver a Lilliput e a Endingnag sperimenta lo spaesamento delle sue dimensioni diventando un archetipo delle storie dell'infanzia, come le incontrollabili crescite e diminuzioni di Alice nel fondo dell'albero cavo.

Nel restituire sulla tela e sulla carta la sua interpretazione del Carnevale, Piccinetti scrive un diario, traccia la sua autobiografia. Il suo inquietante autoritratto è intuibile forse dietro il foglio bianco di carta, spiegazzato, reso col disegno e col colore, quadro dentro il quadro, sipario dietro cui, come in uno spazio reale della regia, sta il pittore, nuovo Mangiafoco che anima per il tempo della rappresentazione i burattini e le maschere della memoria.

La pittura gioca la rappresentazione sullo spazio virtuale della tela, ma può coniugare lo spazio esterno e interno in un dialogo fra apparenza e realtà come ci indicano gli sguardi di Velasquez e delle Meninas.

Dentro il quadro dove troveremo l'autore, anche quando non è dichiarato l'autoritratto ? Nel caso di Piccinetti il pittore inventa lo spazio virtuale dove può mostrarsi mostrando la mano, la sua mano entra nella tela quasi naturalmente al seguito del colore che distende sulla superficie.

2003 'Estasi neo - barocca' olio cm. 100x100 2003 "Estasi neo - barocca" olio cm. 100x100

Trasgressione e lateralità dell'immagine dell'inconscio, liberate nell'esplosione del Carnevale, sono ordinate dentro la superficie del quadro, facendo intendere che l'irrazionale e il disordine sono regolati nella temporalità ritmica del vivere umano. Nella pittura di Piccinetti avverti viva l'attenzione verso ogni fonte di linguaggio dell'immagine, dalle citazioni della pittura rinascimentale a quella del Seicento di Vermeer (ancora una volta la suggestione dell'esterno e dell'interno), alle proposte della Nuova Figurazione (A.Ginesi), ma anche una sorta di simpatia e sintonia verso le esperienze dei pittori che hanno contribuito a creare a Fano un autonomo e caratteristico linguaggio artistico da Antonioni a Luigi Antinori, a Furlani. Pierluigi Piccinetti entra certamente con la portata ironica e ambigua della sua pittura nella scuola (nel senso di Berenson) di Fano della seconda metà del Novecento.

Urbino, 30 gennaio 1992
Silvia Cuppini

(Testo critico in catalogo edito in occasione della personale dal titolo "Carnevalia" nella ex Chiesa di S. Domenico a Fano, voluta e organizzata dal Comune di Fano)


"Chiudi il tuo occhio fisico, per vedere dapprima il tuo quadro con l'occhio dello spirito. Poi, fai salire alla luce ciò che hai visto nella tua notte, perché la sua azione s'eserciti a sua volta su altri esseri, dall'esterno verso l'interno".

Questo pensiero di C. D. Friedrich, chiarisce esattamente le motivazioni essenziali che sono alla base delle opere che Pierluigi Piccinetti ci presenta. Una figurazione carica di elementi simbolici che si inserisce in quel filone delle arti figurative a carattere fantastico, attingente a quella zona d'ombra che definiamo "inconscio", di cui ancor oggi, poco o confusamente sappiamo. Questo particolare aspetto, viene ad essere sentito da non pochi artisti, in un momento storico e culturale caratterizzato dallo sviluppo delle tecniche razionali e da sperimentazioni scientifiche.

Alle innumerevoli forme di aggressione razionale, Piccinetti ha risposto irrazionalmente, ribadendo totalmente l'impegno spirituale dell'artista, effettuando un viaggio a ritroso nel recupero della figuratività, stabilendo un continuo rapporto con la tradizione, senza indulgere in vuoti formalismi estetizzanti.

Le immagini che scaturiscono dalle sue opere rappresentano in termini simbolici i fantasmi interni delle nostre paure, delle nostre angosce esistenziali; simboli che per la loro stessa natura sono ambigui, polivalenti, di per se stessi indeterminati, che in parte, si integrano con la storia intima dell'artista.

Quello che, non senza inquietudine, Piccinetti ci mostra è l'immagine di un mondo "ultrasensibile", la manifestazione cioè più segreta dello spirito, alla luce delle nostre facoltà psichiche.

Fano, luglio 1970
Emilio Furlani

(Testo critico edito in occasione della prima personale alla Saletta Torelli del Palazzo Malatestiano di Fano)

Galleria - Opere fino al 1999


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